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Rodolfo Biagi


Rodolfo Biagi nacque nel barrio di San Telmo, a Buenos Aires nel 1906 e nella medesima città morì nel 1969.

Si avvicinò alla musica dapprima suonando il violino per poi scoprire poco dopo la sua vera passione: il pianoforte. A 13 anni accompagnava, come pianista, nei cinema le pellicole di film muti, ma il suo vero debutto nel mondo del tango si ebbe solo due anni dopo. La leggenda racconta che Juan Maglio detto Pacho, famoso direttore d’orchestra dell’epoca, mentre assisteva alla proiezione di un film, ad un certo punto si alzò dalla sua poltrona lamentandosi animatamente della musica che accompagnava la pellicola. Il pianista talentuoso distraeva con le sue note dense e ritmate i goffi movimenti degli attori in bianco e nero. Forse Biagi perse il suo lavoro, ma è cosa certa che iniziò dopo pochi giorni a suonare nell’orchestra del maestro Juan Maglio detto Pacho.

Gli anni che seguirono furono pieni di esperienze con varie orchestre e di conoscenze con personaggi che sono rimasti nel firmamento del Tango. Nel 1930 accompagnò Carlos Gardél in alcune registrazioni per la casa discografica Odeon. Nel 1931 lo troviamo come pianista dell’orchestra Juan Canaro, con la quale fece una tournée in Brasile.

Un tappa fondamentale per la sua formazione si ebbe nel 1935, quando iniziò a suonare nell’Orchestra di Juan D’Arienzo, con la quale rimase per tre anni, registrando il 31 dicembre 1935 il suo primo disco (con un vals Orillas del Plata e un tango 9 de Julio).

Rodolfo Biagi, qualche anno dopo l’incontro con D’Arienzo , se ne staccò creando un orchestra sua, che debuttò 16 settembre 1938 nel famoso “Marabu” e nei programmi di Radio Belgrano, continuando il successo. Le orchestrazioni di Biagi ricordano molto quelle di D’Arienzo ritmate e veloci. In Biagi però mancano i lunghi passaggi del violino in quarta coda e sono presenti, come marchi di fabbrica, brevi e sferzanti passaggi di pianoforte (Biagi, pianista, veniva anche chiamato “Manos brujas” ossia “Mani stregate”) Caratteristica di Biagi è la predilezione per lo “staccato”, come la sensazione di momenti di vuoto all’interno della musica.

La caratteristica che fa di Biagi un interprete unico e facilmente individuabile è la sua ritmica precisa e definita, caratterizzata da staccati che non lasciano dubbi od esitazioni al ballerino. Il tutto è armonizzato da una costante presenza del pianoforte. Con brevi e sferzanti arpeggi, disegnati come arabeschi, intreccia le arcate precise dei violini, per poi impastare ed avvolgere le sonorità degli altri strumenti, con accordi rotondi,  ampi e densi.  Il pianoforte è il primo attore nelle esecuzioni di Biagi ed il suo timbro ora squillante ora profondo e cupo sembra sempre giocare agile e spensierato con il resto dell’orchestra.

Biagi non cambiò molto il suo stile, anche se con il passar del tempo si nota un certo addolcimento ed una minore nervosità nelle interpretazioni

Biagi suonò l’ultima volta con la sua orchestra il 2 agosto del 1969.

Si spense il 24 settembre dello stesso anno nella sua città natale.